Palermo è bellissima.
Non ci andavo da anni e ho avuto la fortuna di tornarci per qualche giorno per l’assemblea regionale che Confartigianato Sicilia ha voluto dedicare al PNRR, tema caldo e attorno al quale nel Mezzogiorno si addensa un impasto di aspettative e rassegnazione. Come e più che nel resto d’Italia, perché nel Sud si concentra il 40% dei 191,5 miliardi di € (122,6 miliardi dei quali a debito) che compongono il più grande e ambizioso programma di investimenti pubblici dal secondo dopoguerra.
Investimenti pubblici innanzitutto, si diceva, che ovviamente dati i tempi strettissimi e le scadenze tassative dell’accordo con l’Europa alla base del programma (di cui l’Italia è per distacco la maggiore utilizzatrice) pongono un carico di responsabilità mai sperimentato sulle spalle delle pubbliche amministrazioni, mai così gracili proprio in quel Mezzogiorno per cui queste risorse sono così rilevanti.
Un recente ricerca di Gianfranco Viesti per la Fondazione CON IL SUD sullo stato di salute dei comuni medio grandi in termini di capitale umano (quanti dipendenti hanno le PA, con che livello di competenze, età e ruolo) restituisce un’immagine sconsolante. A Napoli e Bari i dipendenti pubblici in rapporto alla popolazione sono la metà di quelli presenti a Firenze e Bologna, mentre a Palermo e Catania i dipendenti laureati non raggiungono il 50% della media nazionale. Il capitale umano è fondamentale per condurre attività complesse come quelle legate al PNRR e un capitale scarso non può produrre risultati positivi.
Fa specie a chi, come chi scrive, si è formato intellettualmente negli anni ’90, constatare la necessità di più pubblico e soprattutto di più dipendenti pubblici, ma oggi è così e questo da ulteriore misura dei cambiamenti epocali di cui siamo testimoni.
L’assemblea di Confartigianato Sicilia, con autorevolissime testimonianze tra cui il Ministro Fitto, l’ANCI Sicilia, due assessori regionali e due assessori del Comune di Palermo, tra cui spiccava per idee chiare, onestà e visione Maurizio Carta, insigne urbanista prestato all’amministrazione locale, ha ribadito che nella nuova epoca le imprese si aspettano amministrazioni che fanno i compiti, a partire dal portare a casa le risorse faticosamente assegnate.
Certo, la costruzione a più mani del PNRR, ad oggi intoccabile ma in politica gli assoluti non esistono, è stata come ho detto più volte un po’ leggera nel valutare quanto amministrazioni esangui di persone, idee e ruolo avrebbero potuto ottenere nei tempi proibitivi dati, o ha gettato il cuore oltre l’ostacolo senza considerare il resto del corpo. Tant’è, qui siamo a Rodi, e qui salta, o meglio corri.
Incerte come sono le prospettive di una reale maggiore elasticità sui modi, tempi e contenuti del PNRR, magari in cambio di altra elasticità sugli aiuti di Stato per alcuni partner europei, oggi bisogna iniettare nelle amministrazioni competenze, cultura del progetto, attenzione alla comunità, rispetto dei tempi nella legalità. Vaste programme, ma è quello che le imprese e il Paese si aspettano.
Calati nuovamente in un’epoca in cui il pubblico è al centro della scena economica, siamo usciti da terminal delle crociere nel Porto di Palermo che ospitava l’assemblea per tuffarci in una città sempre amata, anche quando era epicentro di disgrazie, e che oggi lentamente più amministrazioni anche di segno diverso hanno non dico ribaltato, ma senza dubbio profondamente riqualificato.
La Palermo di oggi, benedetta da un sole primaverile, è una città che può permettersi di vivere nel centro storico i problemi di tutte le città densamente turistiche, dalla movida alla gentrificazione, con un centro storico illuminato, pulito (più di quello di Roma) e finalmente vivibile. Dove certamente restano sia i problemi che l’umanità e il genius loci, che ti da la sensazione, per me fondamentale, di essere in un posto preciso, non in un meta o non luogo definito da un immaginario globalizzato e senza identità.
Ci sono ancora i mercati, le trattorie popolari (ho adorato “Il Bersagliere” all’Albergheria e “Cotto e Bollito“), le ceste calate dall’alto delle case per la spesa, i problemi e la speranza. Una bella storia di speranza me l’ha raccontata un amico, mentre mi faceva visitare “Moltivolti“, locale simbolo in un quartiere difficile di integrazione e legalità: con la sua associazione “Mercato storico Ballarò” sta spingendo per l’emersione degli ambulanti, praticamente tutti, senza licenza, con la prospettiva che una volta regolarizzati concorreranno all’assegnazione dei posti nel nuovo mercato coperto. Forse Frits Bolkestein, padre della direttiva sulla libera circolazione dei servizi in Europa avrebbe qualcosa da dire, ma va bene così, gli uomini vengono prima dei principî, di qualunque principio. Gli ambulanti che attendono la regolarizzazione hanno la speranza, e per questo si curano di quello che succede attorno, è un buon inizio.
Non è tutto perfetto, dicevamo, e per i turisti molto è migliorabile ad esempio nella gestione integrata del patrimonio museale, enorme ma spezzettato con 10 biglietti per 10 monumenti, ma qualche anno fa avremmo parlato di tutt’altro. Anche l’elefante nella stanza, la cattura di Matteo Messina Denaro, non è esorcizzata, ma messa nell’ordine delle cose per cui alla fine il crimine non paga.
Se il PNRR riuscirà almeno in parte a rafforzare nel Mezzogiorno questa normalità, da cui fuoriesce tutto il bello stratificato nei secoli e coperto da decenni da dimenticare, avrà ampiamente raggiunto il suo obiettivo. Tocca sperarlo, forte e attivamente.
È un’altra scalata per cui fare il tifo.
PS: qualora trovaste, come tutti, le cose siciliane troppo complicate, date un’occhiata alla Cappella Palatina a Palazzo dei Normanni, ieri e oggi sede del Potere nell’Isola. Capirete che la complessità, che corre sul crinale tra grandiosità e nonsenso, è un tratto culturale ineliminabile e bisogna farsene una ragione.